Pensieri “yogici”

Scritti da silvia magni

Condivido un po’ di miei pensieri. Spero possano essere utili. 

Lo yoga mi ha insegnato la pazienza

Praticare yoga mi ha insegnato molte cose, ma tra tutte, la lezione più preziosa è stata la pazienza. Non una pazienza passiva o rassegnata, ma quella qualità profonda che nella tradizione yogica viene chiamata titiksha

La capacità di restare presenti nel disagio, di attraversare la difficoltà con dignità e quiete interiore.

Non sono mai stata una persona paziente. Ho sempre voluto tutto subito, e una volta raggiunto un traguardo, già pensavo al passo successivo. All’inizio ho portato questa mentalità anche sul tappetino. Sono giovane, in salute, e non ho limitazioni fisiche importanti: questo mi ha permesso di avanzare rapidamente nella pratica, imparando molte posture con relativa facilità.

Ma prima o poi arriva quella postura. Quella che ti mette di fronte a un limite reale. Una posizione che non si lascia conquistare con la sola forza o determinazione. A volte il blocco è fisico: manca la forza, la mobilità, l’equilibrio. Altre volte è qualcosa di più sottile: la paura di cadere, il timore di lasciarsi andare, una resistenza interiore difficile da nominare.

È lì che lo yoga inizia davvero. È lì che nasce titiksha.

Come disse Sri K. Pattabhi Jois, il padre dell’Ashtanga Yoga: “Practice, and all is coming.” Ovvero: continua a praticare, e tutto arriverà — senza fretta, senza forzature.

Impariamo ad ascoltare il corpo e a rispettarne i tempi. Invece di giudicarci per ciò che ancora non riusciamo a fare, possiamo imparare a ringraziare per tutto quello che già ci è stato dato. La pratica ci invita a coltivare la gratitudine e la pazienza, ogni giorno, sul tappetino.

B.K.S. Iyengar scriveva: “Yoga teaches us to cure what need not be endured and endure what cannot be cured.” Lo yoga ci insegna a trasformare la frustrazione in accettazione, e l’impazienza in presenza. Titiksha è proprio questo:

saper restare — anche quando vorremmo scappare, anche quando non vediamo cambiamenti immediati.

Ci vuole fiducia. La trasformazione arriva, ma solo quando siamo pronti ad accoglierla. Non possiamo forzarla né anticiparla. Possiamo solo prepararci, con umiltà, giorno dopo giorno. Come diceva T.K.V. Desikachar: “The success of Yoga does not lie in the ability to perform postures but in how it positively changes the way we live our life and our relationships.”

E così, con il tempo, qualcosa si apre. A volte è una spalla, un’anca, una vertebra. Altre volte è il cuore. Altre ancora, è la mente.

E quella pazienza che sembrava impossibile, lentamente, diventa una forma di forza, sul tappetino e fuori da esso. 

Una stabilità profonda. Una quieta determinazione. Titiksha.

L’asana come specchio

Ogni posizione è uno specchio. Riflette il mio stato d’animo, le mie paure, i miei pensieri più nascosti.

Cercare la perfezione esterna è una distrazione.

Ma entrare profondamente in un asana, con sincerità, con accettazione, con respiro, è un atto di verità. È lì che accade la trasformazione.
 
L’Ashtanga Yoga, in particolare, mi ha mostrato questa verità giorno dopo giorno: non importa quanto sia “bella” la mia pratica agli occhi di un osservatore esterno. Importa solo quanto sia vera per me.
 
Il corpo cambia. La mente cambia. La forma cambia. Ma l’essenza, quella che coltivo respiro dopo respiro, resta.

Dallo specchio al sé

Oltre le apparenze c’è il sentire.
C’è il corpo come strumento di consapevolezza, non come vetrina.
C’è la pratica come rituale quotidiano per ricordarmi chi sono davvero, al di là dei ruoli, delle immagini, delle aspettative.
 
Come ha scritto Donna Farhi, una delle grandi insegnanti contemporanee:

“La vera essenza dello yoga è far pace con noi stessi, così come siamo.”

E allora continuo a praticare, ogni giorno, non per diventare “migliore”, ma per diventare più autentica.
Per attraversare le apparenze e arrivare sempre un po’ più vicino alla mia verità.
 
E tu che mi stai leggendo: cosa succede nella tua pratica quando smetti di guardarti da fuori e inizi ad ascoltarti da dentro?
 
 Silvia
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